5 maggio

Sull’Austria: “Toujours en retard: d’une année, d’une armée et d’une idée

La nonna stava sempre a letto, oramai. Aveva più di 90 anni e faceva discorsi che non capivo, non come chi fosse senza ragione, ma come chi avesse ragioni diverse dalle mie. Non sempre mi chiamava con il mio nome, quando le passavo accanto, però mi chiamava. Le passavo accanto spesso: il suo letto era nel soggiorno di casa nostra, che poi era la sua. Alcune cose però del suo passato non riusciva a dimenticarle, come le poesie che aveva studiato da ragazza. Io lo sapevo e da qualche tempo parlavamo così, noi due: non potendo chiacchierare riguardo alle nostre vite, oramai irrimediabilmente distanti, recitavamo versi. Iniziavo sempre io e lei continuava. La mia preferita era il 5 maggio e anche la sua, almeno a giudicare dal riflesso con cui dava immediato seguito al mio “Ei fu” che le urlavo o le sussurravo – in base al mio umore – passandole accanto. “Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore, orba di tanto spiro …”, la recitava tutta e noi passavamo un po’ di tempo assieme, chiacchierando di Napoleone con parole prese in prestito da altri.

Per questo motivo Napoleone mi è sempre sembrato uno di famiglia: ho letto alcune biografie, ho visto varie volte la miniserie televisiva a lui dedicata, ispirata a una di queste biografie, ho visitato la sua tomba alla Dôme des Invalides, dove fu sepolto quasi vent’anni dopo la sua morte, quando il suo corpo ritornò da Sant’Elena e fu celebrato un funerale solenne in suo onore a cui presenziò tutta Parigi.

Il corteo funebre a Parigi del 15 dicembre 1840

Un borghese che diventò imperatore. Grazie alla Rivoluzione, certamente, ma soprattutto grazie alla forza con cui accompagnò i suoi desideri, diventando per il suo esercito e il suo popolo una divinità, la divinità che poteva cambiare le loro vite marginali rendendo possibile l’impossibile.

Perché il sogno di ogni borghese, che è quello di diventare imperatore, lui lo realizzò. Ogni borghese ha il proprio impero da sognare, il proprio spazio su cui ha voglia di dominare. Il suo si caratterizzò per la vastità. Poi morì, proprio in questo giorno, come muoiono tutti, anche quelli che vogliono diventare sindaci, assessori, amministratori delegati, dirigenti, amministratori di condominio, vescovi. Però il suo sogno fu più grande del loro, anche se, nonostante tutto, non fu grande abbastanza e finì per naufragare davanti ai sogni degli altri.

È questo il limite, il difetto dei sogni borghesi: un difetto vastità.

E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.

Non sognano mai, i borghesi, neanche i più grandi, che una vecchia e un ragazzo parlino di loro 150 anni dopo la loro morte, in un altro Paese, e soltanto perché non hanno altro da dirsi. E invece è accaduto, per Napoleone è accaduto.

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